F A B I O B O R E L L I  H O M E                        R E C E N S I O N I C I N E M A                         T E M P O L I B E R O B I K E





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LA BANDA DEGLI ONESTI
TOTò E LA MALAFEMMINA
POVERI MA BELLI
L'INVASIONE DI ULTRACORPI
RAPINA A MANO ARMATA
L'UOMO CHE SAPEVA TROPPO
IL SETTIMO SIGILLO
IL GIGANTE
IL LADRO

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COMIC THRILLER DRAMA

T R A I L E R

   
 

"rapsodia macabra, epocale sì, ma anche (lo dico?) ...un discreto mattone"

 

 

Un crociato, in viaggio con il suo scudiero, è chiamato a rendere la vita alla Morte: che gli appare incarnata... Ingmar Bergman firma una rapsodia macabra ambientata all'epoca della Crociate: l'Anno Mille nel quale si credeva arrivasse la fine del mondo come allegoria per una sorta di road movie con protagonista una famigliola di attori nomadi. Il carattere rapsodico si presta a mettere in scena vari quadri di umanità: la compagnia girovaga di attori, dove si parla della malattia e si dibatte di dolore per immagini allegoriche per comunicare ad un popolino stretto nella superstizione. Si odono frasi come: "è la peste: la morte falcia uomini come grano maturo!", e ancora: "morirete tutti! Non c'è più salvezza! Siete condannati tutti!" e non da ultimo "sembra che una donna abbia partorito una testa di lupo!". E' giunta la fine del mondo? Forse, considerata la reazione del potere (temporale e spirituale, riuniti) incarnato da un Max von Sidow a impersonare "Antonius Block". La processione dei penitenti al ritmo del Dies Irae, lo scambio con "la strega" che sta per essere mondata dal fuoco purificatore: sono tutti momenti di forte, fortissimo impatto emotivo, ma il ritmo de "Il Settimo Sigillo" è talmente dilatato da annacquare il tutto in mezzo ai chiaro-scuri della tavolozza. Non volendo per forza unirci al coro unanime che vuole il celeberrimo film di Bergman un capolavoro senza-se-e-senza-ma, dirò invero (a costo di lapidazione, o di crocifissione) che trattasi di discreto mattone (nel senso di film "pesantino") che tuttavia si avvale di grandi intuizioni visive e che farà scuola e proseliti, tra fan (Allen, per fare un nome) e plagiatori impenitenti. La Morte incarnata di Bergman di qui in poi sarà un'icona, da Monicelli del "Brancaleone" all'Allen di  AMORE E GUERRA  e ancora sù, più sù... dai Monty Phyton de  MONTY PYTHON IL SENSO DELLA VITA  sino al genio di David Lynch di  STRADE PERDUTE  [FB]

 

[DET SJUNDE INSEGLET] DI I. BERGMAN, CON M. VON SIDOW, DRAMMA, SVEZIA, 1956, 92', 1.33:1