F A B I O B O R E L L I  H O M E                        R E C E N S I O N I C I N E M A                         T E M P O L I B E R O B I K E





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L'IMPERO COLPISCE ANCORA
STARDUST MEMORIES
UN SACCO BELLO
BIANCO ROSSO E VERDONE
THE BLUES BROTHERS
SHINING

FOG
INFERNO
MANIAC
VENERDì 13
TORO SCATENATO
THE ELEPHANT MAN
VESTITO PER UCCIDERE
STATI DI ALLUCINAZIONE
MACABRO

COMIC THRILLER DRAMA

T R A I L E R

   
     

 

Jane trascura i figli, ma soprattutto il marito e s'intrattiene in una pensione gestita da un non vedente con un tale "Fred". Prima, e dopo la sua morte. E questi "ne avrà ben fatta una ragione di possedere le possedute"... In principio, fu il manifesto (una testa di bambola su di una pozza di sangue carminio) e la tagline: "il film che ha terrorizzato anche Dario Argento". Primo fotogramma: un monumento funerario avvolto dalla nebbia e una didascalia che sancisce che la storia è tratta da un fatto di cronaca nera avvenuto realmente in Luisiana. Un sax, snocciola grasse note di sax (sembra Papetti, ma è Gil Ventura) su fotogrammi di artisti di strada, grandi battelli a pale sul Mississipi. Facciamo quindi conoscenza di un personaggio emblema degli horror del periodo, "la bambina diabolica": concentrato di perversione, cattiveria e antipatia. Questa, non tortura gli animali, né se ne va in giro ad ammazzare con impermeabili gialli, ma si "limita" di annegare il fratellino, "solo" per fare un dispetto alla mamma (mica poco) e costringerla ad abbandonare frettolosamente la pensione dove era solita concedersi per incontri clandestini, per un rientro "a rotta di collo" (mi si perdoni la freddura). Quanto agli attori, si va dalla spiritata protagonista (credibile nei panni di svitata) a colui che da vita al personaggio del cieco, capace di una performence sobria e mai melodrammatica. Merita un discorso a parte, l'Erika di "Macabro" (con la kappa, e senza il koltello) impersonata dalla sorella di Urbano Barberini, Veronica: una che non riesci a immaginarti fuori dal set, se non circondata da sciacalli in uno sfondo da tregenda, con in dosso i "segni della bestia". Ben costruita la morbosissima scena che vede la tizia allestire con gran cura l'altarino del defunto amante, ma niente a confronto della memorabile chiusa, che definire "per stomaci forti", sarebbe poco. Qua e la si nota la mano di Avati, accreditato tra gli sceneggiatori. [FB]

 

[ID] di L. BAVA, CON S. MOLNAR, B. STEEGERS E R. POSSE, HORROR, ITALIA, 1980, 90', 1.85:1, VOTO: 8