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Studentessa intraprendente (anche col docente con il quale intrattiene una relazione) sta preparando una tesi sulle leggende metropolitane. Il quartiere nero del "Cabrini" pare sia il fulcro attorno al quale ruota la favola dell'uomo nero (appunto) "Candyman": lo spettro di uno schiavo orrendamente giustiziato che torna dall'aldilā oltrepassando lo specchio davanti al quale sia stato evocato, ripetendo cinque volte il suo nome... "Candyman" rappresenta un prodotto atipico per gli anni '90, quando il genere horror pareva giā in agonia. Non scevro di difetti (una fotografia troppo televisiva, una certa lentezza e qualche trascurabile parentesi) riporta la "paura" al centro dell'attenzione, con alcuni momenti davvero efficaci che non fanno perō leva sulle esplosioni sonore della colonna sonora, qui -peraltro- affidata ad un ispiratissimo Philip Glass (il leitmotiv al piano: un gran pezzo musicale tout court). Quello che caratterizza poi questa pellicola firmata da Bernard Rose č l'atipica ambientazione urbana, anzi propriamente "metropolitana", dove l'azione si svolge peraltro prevalentemente in pieno giorno, dividendosi tra edifici fatiscenti, appartamenti in abbandono e verdi parchi e atenei universitari. Altro interessante elemento č l'instillare il dubbio che la protagonista [EVIDENZIA LO SPOILER] sia pilotata in qualche modo dalla sua ossessione, se non addirittura indotta ad agire su suo preciso mandato, sino almeno al momento in cui l'Incubo prende forma irrompendo direttamente nella realtā (anche qui) attraverso un vetro, infranto, della finestra dell'ospedale criminale (bel momento-shock). Il finale svilupperā il concetto, traducendolo in una sorta di approdo ad un vero e proprio percorso iniziatico. Virginia Madsen: bella, brava e assai aderente al suo personaggio. Qualche eccesso da parte dei comprimari per un horror di tutto rispetto, che ha anche generato parecchi (inutili) sequel. [FB]

 

[ID] di B. ROSE, CON V. MADSEN E X. BERKELEY, HORROR, USA, 1992, 99', 1.85:1, VOTO: 8